“La figura del fotografo è spesso legata a fatti tragici. Ne è piena la storia della fotografia. Come conciliare la soddisfazione professionale con il dramma dell’evento che ci si trova a immortalare? Non lo so. Ho raccolto il materiale fotograficc con grande entusiasmo, spesso in solitudine, quasi sempre nei i mesi invernali, e sovente in condizioni di scarsissima illuminazione. Tutti elementi che hanno reso la mia esperienza qualcosa che ha trasceso l’aspetto professionale trasformandola in un viaggio intimo e introspettivo. Direi solo ovvietà nel descrivere lo stato d’animo che si prova a entrare nei luoghi della vita delle persone quando non ci sono più le persone a viverli. Quando la loro assenza è colpa di un evento psicologicamente così pesante. Spero che le mie fotografie parlino per me, contengano e sappiano trasmettere la complessità delle emozioni che ho provato. Ovunque c’è bellezza, ovunque c’è estetica. Anche nella distruzione. Basta guardare con rispetto al valore che le cose distrutte hanno avuto e hanno per le persone, essere compartecipi della loro sofferenza nel vederle perdute. Basta guardare ciò che il cantiere rappresenta per il futuro della gente, all’incredibile, creativa, geometria della ricostruzione. Basta pensare alla rete di contatti umani che si è creata attorno a ogni intervento. Un filo che partendo dalle menti dello studio di progettazione ha tenuto legati ben oltre l’aspetto economico gli inquilini, i fedeli, gli operai delle imprese e i tecnici delle amministrazioni. A tutte queste persone dedico il mio lavoro per ricostruzionemilia“.
Marco Lugli
Fotografo professionista, alpinista in disuso, padre ingegnere, fidanzata architetto, Marco Lugli ha vissuto l’incarico di lavorare al progetto ricostruzionemilia come qualcosa che aveva il dovere di fare.